partiamo da un problema tipico di una verifica strutturale. Abbiamo un componente meccanico, che in questo caso è un dente di una ruota dentata. Il dente di ruota dentata viene isolato dal resto della ruota dentata in quanto vuole essere analizzato in termini di fenomeni che avvengono localmente al raccordo col corpo della ruota dentata, nel caso in cui il dente venga caricato da una forza P in un punto come in figura.
P sta a rappresentare la risultante della pressione di contatto col dente reciproco dell'altra ruota. L'idea è di andare a studiare lo stato tensionale di questa porzione locale di struttura. È definito un dominio elastico, cioè una porzione di spazio occupata dal materiale che si comporta secondo legge elastica nel suo deformarsi. Può essere anche un dominio non strettamente elastico, ad esempio elasto-plastico, basta conoscere la sua legge. Avete delle condizioni al contorno, cioè presenti sul bordo del dente considerato. Gran parte delle forze che consideriamo agiscono sulle superfici o comunque sull'interfaccia del dominio. Di queste forze ricordiamo la forza d'inerzia, la forza di gravità, che sono chiamate condizioni al contorno pure, ma non sono sul contorno, agiscono dall'interno del dominio. Però di solito si considerano comunque (anche se impropriamente) forze al contorno. 00:58:30 Sostanzialmente abbiamo una porzione di materiale, abbiamo dei carichi che in qualche modo entrano nella struttura (in questo caso abbiamo un carico concentrato), che abbiamo dei vincoli che apparentemente non si vedono. Se la porzione di dente fosse applicata la sola forza P, il sistema non sarebbe in equilibrio e tenderebbe ad accelerare nel verso della forza. Quello che si fa implicitamente a supporre è che lungo la linea di strappo ci sia un legame con dell'altro materiale elastico, che si comporta come un incastro.
L'incastro considerato lungo la linea di strappo, vuol dire che ogni punto appartenente al contorno ha spostamenti e rotazioni imposti uguali a zero. Per riassumere, questo problema è caratterizzato dall'avere un dominio elastico, condizioni al contorno del tipo forza applicata, le condizioni al contorno di tipo spostamento imposto nullo. Questo problema (determinazione delle tensioni nei punti di raccordo dente -ruota ) ha una soluzione in teoria dell'elasticità (comportamento dei corpi continui elastici). Il problema è che questa soluzione non è facilmente determinabile. La difficoltà nasce dal fatto che le equazioni dei continui elastici sono molto complesse, soprattutto se trattate su dei contorni che non sono banali tipo rettangolo, cerchio, cerchio forato. 01:02:50 Stiamo parlando di un corpo continuo, quindi bisogna discutere l'equilibrio di un cubetto infinitesimo di materiale. Questo cubetto è sollecitato sulle sue sei facce da svariate sollecitazioni, che sono azioni interne del materiale, e si chiamano generalmente “ stato tensionale”. Lo stato tensionale è costituito, una volta definito il sistema di assi cartesiani xyz, da tensioni che agiscono sulle facce del cubetto infinitesimo.
Il cubetto infinitesimo è compreso tra un punto P di coordinate (x,y,z) e un punto P+dP che ha coordinate (x+dx, y+dy, z+dz). Per semplicità analizziamo solo l'equilibrio del cubetto in direzione x. Gli equilibri sono molteplici, tipicamente 6 per un corpo nello spazio. (3 traslazioni + 3 rotazioni). Noi trattiamo qui solo gli equilibri alla traslazione, perché gli equilibri alla rotazione vengono risolti con una condizione sulle tensioni tangenziali, per cui risulta che:
01:04:40 si ricorda che il primo pedice indica la normale alla faccia su cui insiste la tensione tangenziale mentre il secondo pedice indica la direzione della tensione stessa.
Spiegazione personale, causa difficile interpretazione di quanto detto da Bertocchi, e comunque da esprimere meglio: “Consideriamo per semplicità un cubetto elementare in cui non siano presenti tensioni tangenziali aventi per pedice la lettera z. Se supponiamo che esso sia caratterizzato dalla presenza della sola τyx agente sul lato superiore, l'elemento non sarebbe in equilibrio alla traslazione orizzontale, pertanto deve esistere anche una τyx sulla faccia opposta, con verso opposto. Tuttavia il cubetto non è ancora completamente in equilibrio, perché ruoterebbe attorno ad un asse normale al piano , con traccia O. È necessario pertanto avere due tensioni uguali ed opposte sulle facce laterali per rendere l'elemento in equilibrio alla rotazione. Si può dire ora che il cubetto è in equilibrio”. 01:07:10 Quindi le tre equazioni di equilibrio alla rotazione del cubetto elementare, si risolvono in:
ricordatevi sempre questo: qualunque risultato che non rispetta l'equilibrio, è sbagliato. Si tollerano molte approssimazioni nei nostri modelli di calcolo, ma l'unica approssimazione che non si tollera mai, è il fatto che l'equilibrio non sia soddisfatto.
EQUILIBRIO ALLA TRASLAZIONE IN DIREZIONE X DEL CUBETTO Prendiamo questo cubetto:
supponiamo che questo cubetto abbia estensione, sui tre assi, pari a dxdydz.
non c'è scritto ma possiamo aggiungerlo nella trattazione, un carico distribuito in direzione x, ad esempio una forza di volume, che chiamo qx, positivo se diretto verso destra.
Supponiamo di avere delle componenti di stato tensionale σx σy σz e τxy τxz τyz , che tali componenti siano derivabili, e che sia accettabile un'approssimazione al primo termine della serie di Taylor delle stesse, nel fare il mio equilibrio. In questa maniera, noi abbiamo che su questa faccia (quella a sinistra del cubetto) agisce una σx valutata in P, su un'area che è dydz.
Sulla faccia opposta agisce una σx che deve essere calcolata non più in P, ma in P+dP che viene approssimata con Taylor e troncata al primo ordine:
finora ho disegnato solo le forze che danno contributo all'equilibrio in traslazione in direzione x. Dopodiché, sulla faccia retrostante, parallela al piano xy, agisce un'altra forza caratterizzato dal prodotto tra l’area dxdy e la tensione tangenziale τzx:
forza che deve essere equilibrata dalla tensione analoga agente sulla faccia frontale del cubetto, a distanza dP:
considerando le facce rimanenti, si ottiene il seguente insieme di forze:
Sono in totale 7 contributi, compreso il qx. Facciamo la somma di tutte le forze e poniamo uguale a zero. Si semplifica e rimane solamente la prima equazione di equilibrio lungo x che è questa:
Analogamente, se faccio una valutazione sugli assi y e z, ottengo la seconda e la terza equazione di equilibrio:
queste sono le tre equazioni di equilibrio, ma alle derivate parziali. Non è semplice risolverle. Non sono sufficienti per risolvere il problema del dente di ruota. Queste tre equazioni coinvolgono lo stato tensionale, ma questo non è l'unico di nostro interesse, in quanto ci sono altre quantità, che sono lo stato deformativo e gli spostamenti, che entrano nel nostro problema elastico. 01:15:00 Oltre alle equazioni di equilibrio, sapete che esistono anche le equazioni di compatibilità cinematica. Non mi dilungo più di tanto, in quanto sono infinitamente complicate. Possono essere dette in modo più semplice: non ci devono essere stappi nel materiale. Le deformazioni possono essere come vi pare, ma non devono dare luogo a tagli dove prima non c'erano. La questione è che il modo più semplice per garantire che Le deformazioni rispettino le equazioni di compatibilità, è scriverle in funzione degli spostamenti. Se u è lo spostamento lungo x, v lo spostamento lungo y, w lo spostamento lungo z, posso scrivere che:
Se dico che le deformazioni nascono dagli spostamenti (non sono qualunque, ma sono solo quelle che possono essere scritte in quella maniera), e che gli spostamenti u,v,w, sono funzioni continue sul dominio elastico, scrivendo la relazione tra le deformazioni e gli spostamenti, limito i possibili stati deformativi a quelli che rispettano la compatibilità. Quindi invece di fare le equazioni di compatibilità, vi dico che le deformazioni sono in quella forma. Tutte le deformazioni che non sono ascrivibili alla forma, non rispettano la continuità. εx potrebbe essere qualunque, ma se dico che deve essere esprimibile come la derivata di u in dx, allora implicitamente impongo la compatibilità.
Per chiudere il problema elastico, manca solo il legame tra σ e ε. Il legame tra σ e ε può essere vario ed eventuale, ed è legato alla formulazione che utilizziamo per rappresentare l'elasticità o l'elasto-plasticità. Per gran parte del corso, salvo indicazione contraria, utilizzeremo materiali elastici lineari isotropi. Elastico vuol dire che la deformazione dello stesso è un fenomeno conservativo, non c'è dissipazione di energia. Lineare vuol dire che non solo è conservativo, ma valgono le ipotesi di linearità. Le ipotesi di linearità sono sostanzialmente la scalabilità degli effetti e la composizione degli stessi. Vedremo in particolare cosa vuol dire. Isotropo vuol dire che il materiale si comportano stessa maniera in tutte le direzioni dello spazio, cioè non esistono direzioni preferenziali. I materiali di uso comune nella costruzione di componenti meccanici soddisfano in prima approssimazione tutte queste caratteristiche, con dei punti di attenzione, tipo: l'acciaio si comporta elasticamente finché non raggiungo il limite elastico dello stesso. L'acciaio è isotropo nei limiti in cui la direzionalità di una lavorazione…. Tutti questi fenomeni anisotropi li trascuriamo, entro limiti di errore. L'acciaio non si comporta in modo del tutto lineare in quanto è dissipativo (esempio del diapason). Alcuni fenomeni di trascuriamo, almeno nel calcolo di prima battuta. Nessun materiale reale è veramente elastico omogeneo isotropo, (forse il vetro… Ma non si fanno componenti meccanici in vetro). Il legame tensione-deformazione segue la legge di Hooke, che è scritto nelle due versioni: tensioni in funzione della deformazioni deformazioni in funzione delle tensioni. Si riporta una notazione di tipo algebrico: ogni qual volta potete dire che se una quantità o un vettore è funzione lineare di un altro vettore, allora quella funzione è esprimibile come una matrice che premoltiplica il secondo vettore, più eventualmente una costante.
Quando si dice lineare c’è sempre il dubbio che sia strettamente lineare o affine… Il concetto è che ogni volta che una quantità, tipo le tensioni, è una funzione lineare di un'altra quantità, in questo caso le deformazioni, questa relazione può essere espressa come premoltiplicazione per una matrice. In questo caso non è una matrice qualunque, ma è una matrice di legame elastico. Quella riportata è tridimensionale, che non vedremo durante il corso in quanto studieremo perlopiù problemi piani per semplicità. La seconda forma secondo cui può essere espresso tale legame è la seguente:
semplicemente la matrice precedente è l’inversa di quest’ultima.